Malattia e terremoto: uniti nell’opportunità

Malattia e terremoto: uniti nell’opportunità

Malattia e terremoto: uniti nell’opportunità

MALATTIA E TERREMOTO: UNITI NELL’OPPORTUNITA’

Hermann Hesse, artista poliedrico insignito del nobel alla letteratura nel 1946, scrisse: “Incominciai anche a capire che i dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci.”

La malattia e il percorso di cura ci obbligano a confrontarci prima di tutto con noi stessi, a capire le nostre paure,i nostri dubbi e i nostri limiti, accettandoli e imparare a come prendersi cura di essi. A volte la paura è talmente grande da paralizzarci, da renderci incapaci di pensare e decidere. Altre volte questa paura la eliminiamo dal nostro sentire per poter pensare operativamente a tutto quello che dobbiamo affrontare, eliminando il sentire. In un caso fantasmi di noi stessi, nell’altro macchine robotizzate che perdono la loro umanità. Più spesso si riesce a chiedere aiuto, o si incontrano le persone giuste, al momento giusto, che ci danno il giusto aiuto. Il coraggio e la sicurezza che qualcuno accanto a noi possa aiutarci a guardarci dentro trovando le nostre risorse e le nostre capacità sopite.

Diradare la polvere e la nebbia, sentire il nostro dolore, trasformarlo nella nostra risorsa. E’ la mission che la Fondazione Altre Parole ONLUS persegue.

Ne trova un ottimo esempio l’articolo di Maria Cristina Benetti scritto per il concorso di Carta Carbone.

Lasciamo alla penna di Maria Cristina, che arriva dritta al cuore, spiegare il concorso ed il suo processo creativo, e per ultimo l’articolo “Succede ogni notte” pubblicato sulla Tribuna di Treviso.

A noi resta la consapevolezza che la sensibilità e l’opportunità che un progetto curativo a “tutto tondo” del malato oncologico e dei loro familiari possa uscire dai suoi confini oncologici e abbracciare l’intera comunità.

Alle popolazioni colpite dal terremoto e dal maltempo auguriamo che questo straziante e lacerante dolore possa essere accompagnato con amore e impegno per trasformarsi in un fertile terreno di opportunità e di crescita personale e collettiva.

Fondazione Altre Parole ONLUS

TERREMOTO! | TERREMOTO!

“Sotto la porta. La terra trema”. Questo è il tema dell’iniziativa promossa da Carta Carbone festival. Il titolo da solo mi rende orgogliosa e grata di poter provare a partecipare a questa iniziativa di raccolta fondi. Scrivere, descrivere cosa provano le persone toccate dal sisma. Vite spazzate via, stravolte, perse nella nebbia di tutta quella polvere. Impossibile da farsi. O meglio, difficile descriverne le emozioni senza rischiare di “profanare” un dolore che non sento mio se non perché l’ho vissuto attraverso notizie riportate da altri. Non posso dire che questo cataclisma mi abbia toccato. Sfiorato, non toccato. Non sono io che vivo in una tenda. Non ne conosco le emozioni, quelle che ti colpiscono dritto allo stomaco, che ti fanno provare quel dolore sordo che ti segna l’anima.

“I miei piedi sono caldi” dice Bruna Graziani direttrice artistica del Festival che presenzia la Serata “San Gregorio in arte per un Natale solidale”. Verranno scelti alcuni racconti.

Sei saranno letti durante questo evento, altri inviati a un quotidiano.

SCRIVERE | LAVORARE SUI DETTAGLI

Carta Carbone, festival letterario a cui ho partecipato con “Allora mi prenderò un Cappello”, a metà Novembre invita a scrivere un pensiero, massimo tremila parole, in solidarietà delle persone colpite dal terremoto. Nel libro ho scritto di un mio terremoto interno. Per quanto mi riguarda scrivo da pochissimo e su fatti realmente accaduti, vissuti sulla mia pelle. La cosa più semplice da fare mi si dice: raccontarsi.

Devi “solo”, oltre alla grammatica, prestare attenzione alle emozioni. E metterle sulla carta.

“Fare vivere la scena, prestare attenzione ai dettagli”. Quando scrivo sento rimbombarmi in testa queste parole. E mi torna alla mente Paolo Leibanti. Le ha pronunciate un anno fa, quando ha tenuto un corso di Scrittura Creativa a Camposampiero, progetto sviluppato da Officina Letteraria facente parte della Fondazione Altre Parole Onlus.

SOTTO LA PORTA | LA TERRA TREMA

Qui si tratta letteralmente di questo. Scrivere sul terremoto. Ci provo immedesimandomi.

Tempo fa è stato come la terra tremasse sotto ai miei piedi. Voglio partecipare. Essendo una scrittrice  “improvvisata” non vado a rivedere gli articoli su questo argomento. Non voglio farlo. Per quanto impreparata, voglio provare a essere originale. Genuina. Sto cercando di fare, di imparare una cosa nuova. La scrittura mi affascina, ma a cinquantatré anni, con gli studi che non ho fatto, mi sento sempre un passo indietro. Come se rincorressi qualcosa. Ma non ci si può sempre fermare ai “Se avessi fatto, se avessi detto, se ci avessi provato”.

C’è un’opportunità? Proviamoci! Al massimo non succederà niente. O accadrà quello che mi ha detto Paolo, “Avrai imparato qualcosa”.

Questa mia impreparazione, potrei provare a sfruttarla come punto a mio favore. Io sono così, non sono che questo. Posso piacere oppure no, come quello che scrivo.

 

E ancora mi torna alla mente un esercizio del corso di Scrittura Creativa.

“Parla la bambina della foto”.

TRIBUNA DI TREVISO | SUCCEDE OGNI NOTTE

Ecco l’idea. Lo farò come fossi veramente una bambina. Tale posso risultare nella scrittura, nel mio modo di esprimermi, tale sono a volte nel mio modo di essere, tale risulterò in questo racconto di pura fantasia. Ma quando mi estraneo e rileggo quello che scrivo, è come le parole prendessero vita. Come se quella bambina che mi porto dentro, esistesse veramente.

 

E ritrovo a pensarmi in mezzo a tutte quelle macerie. Al mio papà che non c’è più. Alla mia mamma che si sta piegando all’inesorabile trascorrere degli anni e al dolore della dipartita del suo compagno. A me stessa, che dopo il mio terremoto interno, vedo il mondo attraverso altri occhi. Una visuale diversa, fatta di nebbia, di polvere, e di tutte quelle macerie da cui sto cercando di riemergere.

 

E mi lascio andare, prendendo per mano quella bambina, che mi sta portando nel suo mondo, che altro non è che il mio. Rinascere, ma a modo mio.

Allora ecco il mio racconto “confronto”, scelto da Carta Carbone e pubblicato sulla Tribuna di Treviso. “Iniziativa: Un concorso e undici giorni di Eventi | Ricordi, sentimenti, paura in dieci storie, per un abbraccio di Natale alla gente del terremoto”.

 

<<… A testimonianza, una volta di più, che l’arte di certo non salva la vita ma di certo la rende più bella>> .

Grazie Carta Carbone.

Grazie Tribuna di Treviso.

SUCCEDE OGNI NOTTE di Maria Cristina Benetti

Ho imparato un gioco nuovo, me lo ha insegnato il mio papà. Si chiama “tutti sotto la porta”.

Ma qui la porta non c’è. Ci sono tante tende. Mi piace il campeggio ma quando esco a giocare devo mettere la maglia pesante. Mamma ha il raffreddore, le gocciola il naso. Le ho chiesto “perché facciamo campeggio con questo freddo?”

La mia mamma non gioca più con me. Ci sono tante cose che non fa più. Mi piaceva quando metteva il rossetto, quello rosa era il mio preferito. A volte lo metteva anche a me. Cantava sempre preparando la cena. Sabato pomeriggio facevamo i biscotti.

Adesso i biscotti ce li regalano. Come mi manca il profumo di burro e di cose buone!

 

Forse le manca il mio papà. Mi hanno detto che se ne è andato ma non ho capito dove. Prima di partire papà mi dice sempre di fare la brava.

Forse questa volta non l’ha fatto perché come dice la mia mamma, brava lo sono già.

Forse è partito di notte mentre dormivo.

Forse è stato quando la terra ha cominciato a tremare e gli oggetti cadevano. Le case non stavano in piedi. C’era tanta polvere. Correvano tutti, urlavano. Si chiamavano per nome. Qualcuno rispondeva, altri no. Poi silenzio, solo pianti.

Io non ho pianto. Mamma sì. Tanto.

 

Certo che un campeggio così grande non l’avevo mai visto. La piscina non c’è ma ci sono tanti bambini. Anche le loro mamme e i loro papà hanno il raffreddore. Nascondono le facce dentro al fazzoletto. Parlano poco. Quando lo fanno gli occhi gli diventano rossi, proprio come alla mia mamma. C’erano anche loro quando è venuta tutta quella polvere. Cadeva dal cielo. C’era polvere ovunque quella notte che il mio papà se ne è andato. Ma quando torna il mio papà?

Alla mia mamma non lo chiedo più. Ogni volta che lo faccio mi stringe forte forte, ma non mi risponde. Devo fare la brava.

Se faccio la brava il mio papà tornerà.

 

Adesso ho tanti amici, anche tra i grandi. Hanno vestiti neri e gialli, e dei buffi cappelli. Mamma dice che sono qui per aiutarci visto che il papà non c’è. Mi sorridono sempre, mi danno le caramelle. Ne mangio tante di caramelle. Qualcuna la porto alla mia mamma. Così le passa presto il mal di gola.

Forse è per questo che parla poco.

Forse è per questo che piange. Non mi piace vedere la mamma che piange.

Ieri ho pianto anch’io. Non trovavo la mia gonna preferita. Quella che mi metto quando gioco alla ballerina. L’ho lasciata nella mia cameretta. Mamma dice che forse andremo a vivere in una casa nuova. E che mi comprerà un tutù, come le ballerine vere.

Non vedo l’ora di tornare a giocare alla ballerina, nella mia stanzetta.

 

Ma più di tutto voglio che torni il mio papà. Aspetto da tanto che ritorni. La mia mamma dice che lui è sempre con me. Lo cerco ovunque. Lo cerco tra le tende. Ma non riesco a vederlo.

Allora aspetto la sera, quando gli occhi mi si chiudono. E finalmente arriva il mio papà.

Mi accarezza i capelli, mi da il bacio della buonanotte. Mi racconta una favola, mi dice “dormi, fa la brava”.

La terra trema ancora, ma non ho paura: con me c’è il mio papà.

Succede, quando arriva, la notte.